foraging, ricette, secondi, veggies

carciofi ripieni di profumi selvatici

erbe spontanee, carciofi, olio buono e pane: sono solo questi gli ingredienti. Se volete viziarvi, potete aggiungere un tocco di “formaggio spalmabile” ottenuto a partire dallo yogurt, come ho spiegato nella ricetta precedente, ma vi assicuro che è ottimo anche senza.

Vi raccomando caldamente di uscire e fare passeggiate nel verde: le sorprese sono in agguato. Io ho raccolto aglio orsino (il mio preferito) e erba cipollina (quella “vera”) e sono taaanto felice!

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Cosa serve:

  • 3 carciofi
  • 3 fette di pane (anche secco)
  • una manciata di foglie di aglio orsino
  • una manciata di steli di erba cipollina (io ho messo anche qualche bulbo)
  • olio pugliese bio (il Coratina, ad esempio, ha appena vinto il Primo posto con lode di eccellenza nella categoria “FRUTTATO INTENSO” del 5° Concorso degli Oli Extravergini di Oliva Italiani “L’Oro d’Italia” nella tipologia MONOVARIETALI. Una poesia!)
  • sale
  • vino bianco (facoltativo ma se c’è è meglio)
  • labné di soia o altro formaggio spalmabile vegetale (facoltativo)

Come si fa:

Tagliare il pane a pezzettini, condirlo con le erbe tagliate, l’olio e il sale. Se è secco, bagnarlo con un goccio di acqua.

Pulire i carciofi asportando il gambo, le foglie esterne, poi togliendo le punte e il cuore con la barba. Farcirli con il pane.

Rosolare i carciofi in un pentolino che li contenga di misura (anche in altezza!) con un filo d’olio, poi sfumare con un goccio di vino bianco, fare evaporare, unire mezzo bicchiere d’acqua e coprire. Dopo venti minuti sono pronti.

Io li ho gustati come un piatto unico, accompagnati dal “formaggio spalmabile” e decorati con aglio orsino fresco.

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Se vi state chiedendo cos’è l’aglio orsino, ora ve lo mostro. Le foglie possono essere impropriamente scambiate per quelle del tossico mughetto, ma basta strofinarle per riconoscere il delizioso aroma d’aglio (che le foglie del mughetto, peraltro più carnose e di un colore diverso, non hanno). E poi ha un nome troppo carino!

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dolci, foraging, forneria, ricette

una torta di violette

adoro i fiori ovunque: nel prato, nel tè, sugli alberi, sul collo, nei capelli, sulle torte. Il loro profumo mi culla e mi calma, mi sento in grembo a mia nonna, al sicuro.

Domenica abbiamo festeggiato un compleanno speciale: la ragazza che mi ha aperto un mondo fatto di torte senza uova (e io non ci credevo), una donzella di fiori di campo e sapori di una volta, maestra di dolci e sorrisi. Ho pensato subito alle violette, per lei.

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Purtroppo, i fiori sono così delicati che andrebbero raccolti il giorno stesso. Per la prossima volta, li stenderò su un panno umido all’interno di un contenitore ermetico, in modo che possano mantenere un migliore turgore.

Condividiamo l’immaginario delle torte alte e farcite, sogni voluttuosi bianco panna. Però: io di quel mondo lì di finte spume grassissime mi sono abbastanza rotta (escluse, ovviamente, quelle fatte in casa, a base di cocco o anacardi), avendo confezionato centinaia di cupcakes con quintali e quintali di zucchero a velo e margarina. Ho deciso di dire basta e di virare sull’adorato yogurt di soia: fatto colare due giorni in una garza, con succo di limone e sale, si trasforma in un delicatissimo “formaggio” spalmabile. Unito a una buona marmellata di limoni, è quanto di meglio potessi immaginare per quelle meravigliose violette.

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Cosa serve:

  • 300 g di farina semintegrale di farro
  • 60 g di farina di riso integrale
  • 40 g di amido di mais
  • 150 g di zucchero di canna
  • 1 bustina di lievito
  • 250 g di yogurt di soia ai frutti di bosco
  • 80 ml di latte di soia
  • 100 ml di olio di semi di girasole spremuto a freddo

e inoltre:

  • 750 g di yogurt di soia al naturale*
  • marmellata di limoni (poco meno di un vasetto)
  • sale, succo di limone*
  • una vaschetta di violette (o quante riuscite a raccoglierne prima di esaurirvi)

*ATTENZIONE! lo yogurt va preparato due giorni prima!

Come si fa:

Versate lo yogurt in una terrina, unite il succo di mezzo limone, un cucchiaino di sale e trasferite il tutto in una garza di lino. Potete annodarla a fagotto e sospenderla su una ciotola o rivestire un colino o la centrifuga dell’insalata con il lino, così avrete un supporto comodo. Mi raccomando, sotto mettete una ciotola e non un piatto perché perderà molta acqua. Lasciate così due giorni. Ottimo spalmato sul pane e insaporito con tutto quello che vi viene in mente, o usato per fare dolci.

Preriscaldate il forno a 180°. In una ciotola capiente versate le farine, lo zucchero e il lievito. In un misurino versate yogurt ai frutti di bosco, latte e olio e amalgamateli con una frusta. Aggiungete il composto liquido a quello secco, mescolate bene e versate in una teglia rivestita di carta da forno.

Cuocete per 40-45 minuti. Fate la prova stecchino per vedere se è ben cotta anche al centro. Spegnete il forno e apritelo.

Aspettate dieci minuti, poi sformate la torta su una gratella per dolci e fatela raffreddare completamente.

Preparate la crema con il “formaggio spalmabile” e circa due cucchiai di marmellata di limoni (andate a gusto). Mescolate bene per amalgamare.

Tagliatela a metà per il lungo, farcitela con la marmellata di limoni (io adoro quella biologica di Libera Terra, buona e brava) nel mezzo e richiudetela.

Ricoprite la torta con la crema di yogurt al limone, livellatela con una spatola e ricopritela con manciate di violette fresche raccolte sul fiume.

Adorabile.

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autoproduzioni, incontri, ricette

Pentolini smaltati

Non di sole ricette vive questo blog: anche se la maggior parte dei post sono in effetti istruzioni per cucinare, la mia vita da Tilia Tarrare va ben oltre a tutto questo.
Mi spiego.
Questo spazio nacque come riferimento quando feci la prima edizione di AIUOLE FAST FOOD, e solo dopo diventò il mio diario dai fornelli.
Io, Betti, sono molto più in giro che online, ultimamente. Faccio presentazioni, catering, nuovi ricettari.
Chi mi segue su facebook o instagram lo sa, ma chi si affida unicamente al blog rimane all’oscuro  di tutto questo.

Sono qui per rimediare, raccontandovi della bella esperienza presso Mokalab il 14 e il 15 febbraio.
A Little Market Italia, in collaborazione con la talentuosa Giulia di Keep Calm and Knit, ha organizzato una serie di workshop uncinettanti nella cornice di Mokalab, laboratorio speciale sui Navigli.
Io ho curato i due buffet, preparando l’aperitivo del venerdì e il brunch del sabato: la difficoltà stava nell’assenza della cucina e nell’assenza della patente (vai di mezzi pubblici!).
Tutto risolto egregiamente con i miei adorati pentolini smaltati: leggeri, bellissimi, ognuno con una storia alle spalle. Un giorno ve le racconterò.

Le foto (splendide) sono di Chiara Albanesi (Lucciole) e ve le mostro con un pizzico di orgoglio.
Seguite i link per vedere le ricette 🙂

Menu del venerdì
Riso al curry croccante con verdure
Tortilla di patate
Polpette di quinoa e ceci alle alghe
Maionese al limone e prezzemolo
Maionese alla senape
Pâté di pomodori secchi e mandorle
Pâté di borlotti e curcuma
Crostoni al cavolo nero
Spritz hugo con sciroppo di sambuco
Spritz hugo con sciroppo di lillà

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Menu del sabato
Lemon poppy seed muffins
Chocolate chip cookies
Stecchi di banane ricoperti di granola
Pancakes di piselli
Quiche di funghi alle erbe aromatiche
Tortilla di patate
Insalata di patate e cavolo al kümmel
BLT sandwiches
Patè di pomodori secchi e mandorle
Patè di borlotti e curcuma
Maionese al limone e prezzemolo
Maionese alla senape
Caffè americano
Tè biologico
Caffè d’orzo biologico
Spremuta fresca
Latte di riso biologico
Spritz hugo con sciroppo di lillà

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E quindi: grazie ancora a tutte le donne di quel bellissimo fine settimana, oltre a Giulia e Chiara anche le dolcissime e premurose Mirta e Cristina.
E grazie al team di ALittleMarket e ALittleMag per il bell’articolo (potete leggerlo qui).

E scusate per il mio ritardo cronico nelle cose… presto vi racconterò di altre avventure, stavolta in corso. Non dimenticate di scrivermi se mi volete a cucinare ai vostri eventi 🙂
Un abbraccio!

forneria, ricette, secondi

la piadina fatta in casa

E insomma prima o poi si doveva ricominciare con qualcosa, da queste parti.
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Del perché ricominciare con una piadina, non avete idea.

Come al solito, arrivano quei momenti stagionali in cui il numero di vasetti, barattoli e sacchetti nella dispensa supera di gran lunga la capacità contenitiva della stessa. Di solito, sono anche quei momenti in cui apri il frigo e dici “ah ma cosa mangio oggi? Non c’è niente”. Ecco. Non è vero. Adesso hai tempo e non sei più obbligata a mangiare una cosa al volo tra un capitolo e l’altro, e quelle farine andranno a male se non le adotti. È tuo dovere ricavare qualcosa da quelle polveri, che non siano castelli di sabbia sul lavello.

Ieri dovevo quindi andare a fare la spesa perché non avevo niente in casa, solo dell’insalata sul viale del tramonto, un botto di salse-salsine-salsette, del latte di soia (evento!) e l’ormai famosa dispensa straripante di barattoli mezzi vuoti. Nemmeno una cipolla (senza cipolla non vale la pena vivere, ma c’era almeno dell’aglio per risollevare le sorti del mio pranzo che andava a disegnarsi tristissimo).

L’ordine dei pensieri è stato: vabbè con l’insalata ci mangio delle polpette, per forza, magari col miglio così libero quel barattolo – abbondiamo di spezie così non si sente la mancanza di verdure – oddio non ho il pane – panico – no non esiste, adesso cerco la ricetta della piadina, mica deve lievitare quella – già che ci sono uso pure quella farina di canapa.

Il risultato, però, è andato molto oltre le mie aspettative (che non erano altissime, lo ammetto). La farina di canapa dona un twist noccioloso che rende la piadina a tutti gli effetti golosissima già da sola, io me la immaginavo accompagnata da una crema di tofu… meraviglia.

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Questa ricetta serve anche da pretesto: non ho fatto la piadina in casa perché sono pigra e non voglio scendere a comprare il pane (uhm, anche, ma non è il punto ora). Io faccio la piadina in casa perché posso farlo, perché al termine del pranzo non avrò buttato una confezione di plastica nel cestino, perché avrò risparmiato dei soldi, perché avrò mangiato una cosa più sana.

Io credo nell’autoproduzione, e ci credo tanto, ma con tutte le contraddizioni insite nel mio stile di vita, dirlo ha senso solo se serve come stimolo costante. Mi sposto in bicicletta e con i mezzi pubblici ma ho uno smartphone, uso prodotti di stagione ma poi alle banane non resisto, raccolgo le erbe spontanee ma vado al supermercato, faccio la piadina superhealthy e poi friggo le polpette (con tutti i problemi di smaltimento dell’olio, pure!). Come uscirne?

Credere nelle sfumature di grigi: io sto tra il bianco e il nero, oggi sono grigio perla, domani sono antracite, vivo nella consapevolezza di quello che faccio e questo mi basta, quasi sempre.

Cosa serve (per 4):

per le polpette:

  • un bicchiere di miglio lavato
  • l’equivalente di un dado per brodo (di verdure)
  • prezzemolo, basilico, origano
  • un cucchiaino di semi di coriandolo pestati
  • uno spicchio di aglio tritato
  • 3 cucchiai colmi e stracolmi di farina di ceci
  • farina di mais per le panature (mezzo bicchiere, a occhio) o pangrattato
  • un limone
  • olio evo, olio per friggere
  • sale

per le piadine:

  • 250 g di farina di tipo 1
  • 3 cucchiai colmi di farina di canapa
  • 150 ml di latte di soia
  • 4 cucchiai di olio evo
  • 1 cucchiaino di sale
  • 1/2 cucchiaino di bicarbonato

Come si fa:

Polpette:

scaldate un goccio d’olio in una padella, unite il miglio, tostatelo leggermente e versateci sopra 3 dosi di acqua bollente (per un bicchiere: tre bicchieri) e il dado sbriciolato (io ho usato quello fatto in casa da un’amica, eh eh). Coprite e cuocete a fuoco medio-basso per venti minuti, poi spegnete e fate riposare ancora un po’. Nel frattempo preparate l’impasto della piadina.

Trasferite il miglio in un robot, aggiungete le spezie e l’aglio, la farina di ceci, un pizzico di sale, un giro d’olio, il succo di mezzo limone e frullate bene. Versate l’impasto in una ciotola e aggiungete la farina/pangrattato finché non appare compatto. Fate riposare.

Formate delle palline dalla grandezza di una grossa noce, bagnandovi le mani in acqua per aiutarvi.

Scaldate un dito di olio in un pentolino con un pezzettino di pane all’interno: quando sfrigolerà sarà l’ora delle polpette. Friggetene poche alla volta, cercando di lasciarle immerse almeno per metà della loro altezza, poi giratele e quando sono ben dorate uniformemente scolatele e poggiatele su un piatto con carta assorbente. Quando le avete finite tutte, trasferitele su un piatto e spruzzatele col succo del mezzo limone rimasto.

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Piadine:

riunite in una terrina le farine, il sale, il bicarbonato, l’olio. Scaldate il latte in un pentolino finché non diventa tiepido, versatelo in più riprese nell’impasto, mescolando piano. Alla fine lavorate brevemente il composto su una spianatoia infarinata finché non risulta morbido e non appiccicoso. Capovolgete la terrina sulla pallina di impasto e fatelo riposare almeno trenta minuti. Nel frattempo fate le polpette.

Riprendete l’impasto, dividetelo in quattro, stendetelo molto sottile con un mattarello, staccandolo e capovolgendolo più volte e, se serve, infarinandolo poco. Scaldate una padella pesante e quando è molto calda cuocete la piadina, girandola più volte in modo che cuocia uniformemente da entrambi i lati.

E ora il momento più agognato: la farcitura. Io ho optato per l’ajvar (una salsa di peperoni, in questo caso piccante), ma voi potete spaziare. Accompagnate con verdura cruda abbondante!

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autoproduzioni, incontri, ricettari, ricette

LIBERI VIAGGI

Piccola premessa per chi non c’era: il 15 dicembre a Milano si è svolta la quarta edizione di Liber, il salone del libro autoprodotto e dell’editoria creativa. È un momento speciale e bellissimo, in particolar modo nella cornice del Van-Ghè: muri colorati, scenografie teatrali, luci soffuse, il Bello (quello vero) ad ogni angolo. Ti senti magico anche solo a curiosare tra i banchetti. Immaginatevi a stare dietro il banchetto! O addirittura in cucina! Ecco, io ero lì: un angolo da romanzo. Sopra di me il soppalco con i musicisti che hanno dipinto il pomeriggio. Dietro di me una tenda nera e le parole delle persone, parole scritte (tantissime) e parole raccontate, grande confusione ma elegante. Bello. Bello vero.

Avevo il nobile compito di sfamare gli ospiti, e ho pensato a un viaggio. Era quasi natale, dopotutto, e una vacanza ce la si poteva anche concedere.

Ho deciso di partire con dei voli low-cost, delle mete vicine un po’ per togliersi lo sfizio e un po’ per provare a vedere com’è questa Parigi, questa Berlino, tu che dici, partiamo?

Ma quelli erano spuntini, la fame di viaggiare ti rimane e visto che siamo qui per sognare allora andiamo intorno al mondo, andiamoci tutti insieme e banchettiamo per festeggiare! Facciamo scalo a Pechino, tocchiamo l’India, l’Egitto e il Messico, prima di tornare al Van-ghè e ascoltare canzoni di De Andrè.

È stato bello, ma tanto. Ho fatto tutto da sola in cucina, ed ero particolarmente fiera di me per aver giocato bene con gli spazi, a volte risicati e a volte infiniti, del mondo dietro la tenda nera. Fuori, amici vecchi e nuovi mi aiutavano a fare biglietti aerei, un cartellone indicava le mete, e il resto è solo un pezzo di cuore che è rimasto sul tavolo.

Volevo fare un ricettario da vendere al banchetto ma non ho fatto in tempo, volevo farlo per Natale ma non ho fatto in tempo, volevo farlo per capodanno ma non ho fatto in tempo.

Ora è qui: ve lo regala la befana. Non sono molto brava a gestire il tempo, ma prendetemi così e vi prometto che presto migliorerò.

Con l’augurio di un nuovo anno bello, ricco di emozioni e di piatti cucinati con amore, vi lascio per un paio di mesi: devo studiare tanto, tantissimo, e anche solo il pensiero di dover aggiornare il blog mi toglie concentrazione. Avete un po’ di ricette, qui, da provare: spero che non vi annoierete ma, sarò sincera, spero che sentirete la mia mancanza.

Ci vediamo a marzo, nel frattempo: BUON VIAGGIO!

Liberi Viaggi (ricettario da scaricare)

primi, quick & easy, ricette, senza glutine

una vellutata dopo le feste

anno nuovo, ricette vecchie: meglio tardi che mai 🙂 Ho pensato che una vellutata potesse servirvi per scaldare queste giornate e farvi sentire meno in colpa per i bagordi festaioli. Gustatela calda sul divano con i piedi sotto una coperta morbida…

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La vellutata di base è sempre la preferita: porri e patate però senza pomodori, data la stagione.

Cosa serve:

  • porri
  • patate
  • olio buonissimissimo (io ho usato il sublime taggiasca biologico di i-talian olive oil)
  • cavolini di bruxelles (4-5 a testa)
  • uvetta
  • peperoncino
  • pepe
  • rosmarino
  • malto d’orzo (sciroppo d’acero per la versione gluten free)

Come si fa:

Fate la zuppa (vedi link sopra). Nel frattempo togliete le due foglie esterne dei cavolini e tagliateli a spicchietti (in 4 o in 6) e poi lavateli. Scaldate l’olio con il peperoncino e il rosmarino, buttate i cavolini a fiamma vivace e rosolateli. Aggiungete l’uvetta dopo un minuto, continuate a saltare e unite una tazzina scarsa di acqua. Cuocete per una decina di minuti (anche meno). Salate e a fine cottura aggiungete un cucchiaio di malto per caramellare, mescolate per qualche secondo e spegnete. Versate i cavolini al centro della vellutata condita con il pepe.

Buon anno e buone coccole sul divano 🙂

incontri, ricette, secondi, senza glutine

Saluti e baci, fave e cicoria

Amici dell’internet e della blogosfera… perdonatemi. Cercherò di rendervi partecipi di quello che mi sta succedendo 🙂
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Betti, procrastinare e prendere impegni: un trio pericoloso. Mi ritrovo alla fine di dicembre con foto di ricette sul computer mai pubblicate, delle ricette ormai non ricordo le dosi, quindi addio. Il computer non lo vedo mai, tra l’altro, visto che sono sempre in giro tra lezioni all’università, corsi, mercatini, impegni vari ed eventuali. Ora ad esempio sono nel bar della stazione di Pordenone, mentre aspetto il treno per Udine: davanti a me una teiera di tè bollente, una valigia piena di ricettari e finto bacon, una uncheesecake alla pina colada e un barattolo di maionese di soia fresca di frullatore. Stasera allo studio QRZ di udine presento BROMELIA (l’ananas-ricettario in cassetta, vedi menu in alto) e non vedo l’ora di arrivare e far assaggiare le mie cosine! 🙂
E poi…questo weekend ho cucinato a Liber-ino natalizio: un’esperienza meravigliosa. La cornice era spettacolare: il Van-ghè lascia senza fiato per quanto è bello. Vi metto qualche foto per farvi capire 🙂
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Sul soppalco sopra di me suonavano e io in quella cucina deliziosa ero nascosta da una tenda a preparare un sacco di cose da mangiare… avevo optato per dei viaggi. E quindi gli spuntini come dei voli lowcost in mete vicine e la cena come un intercontinentale a bordo di un aereo. Ho preparato bretzel per la germania, kanelbullar e kardamombullar per la svezia, chocotapas per la spagna e quiche ai carciofi per la francia. E poi la cena: tamales messicani, hummus (di zucca) egiziano, aloo palak indiano e i panzerotti primavera napoli-pechino. Il tutto su un vassoio compostabile che sembrava davvero di un aereo vegan 😉
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E poi… poi chissà. Sono in viaggio e ogni avventura è un regalo… Devo molto a tutte le persone che credono in me e mi permettono di crescere. Grazie davvero.

Vi lascio con una coccola. Sapete che ho degli oli buonissimi in casa, no? Sono biologici e rendono i piatti favolosi. Io adoro usarli nelle cose più semplici, come questo piatto di fave e cicoria.

[FAVE E CICORIA]

Lo sapete fare tutti: ammollare 200 g di fave per 6 ore, sciacquarle, farle bollire con 400-500 ml di acqua, mezzo cucchiaino di sale e il coperchio, a fuoco basso e senza mai mescolare. Quando l’acqua è finita, mescolare vigorosamente con una frusta, aggiungere fiori di finocchio e olio pugliese. Servite con cicoria lavata e stufata con olio, aglio e peperoncino. Giorgia, è per te. Grazie.
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Mi farò risentire, nel frattempo vi abbraccio e vi auguro buone feste. Viva le vacanze! Viva l’albero di natale!
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ricette, secondi, senza glutine

vegan kebabs con salsa allo yogurt

oggi avevo proprio voglia di hummus. Ieri infatti, frugando in dispensa, ho trovato dei sacchettoni di legumi donati da un’amica. Ammollo e andare, ceci miei adorati.

Oggi li metto a cuocere in un sacco di acqua, ci metto pure l’alga kombu, li schiumo, faccio la brava.

Cuociono.

Che strana schiuma che fanno però neh. Ma guarda poi che vengono via tutte le bucce… ma chissà come mai.

Era soia gialla, non ceci, o mia cara betti. Scordati l’hummus.

Con la coda tra le gambe per non aver capito prima che quegli strani ceci erano un po’ troppo tondi tondi per essere effettivamente ceci, ho deciso che quella polpa così pastosa poteva finire solamente nelle polpette.

Aglio e prezzemolo e vai di frullatore, come olio ho scelto il gusto eccezionale del biologico siciliano Tonda Iblea (incredibile! davvero un’esplosione di sapori), la consistenza è perfetta e non servono altri leganti (giusto un cucchiaio di farina di ceci per essere sicuri in cottura). Poi, non so come, mi sono venuti in mente quei due milioni di stecchi che giacciono in una delle mie borse da cucina (sì, la mia cucina non ha cassetti -per ora- e quindi tutte le cose più inutili sono o appese o in borse appese o in scatole in mobili appesi). La soddisfazione di mangiare la polpetta da uno stecco non ve la sto nemmeno a spiegare. Dico solo: meno male che ne ho fatti otto 🙂

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Cosa serve (per 8 kebab):

  • 650 g di soia gialla cotta e sgocciolata
  • 50 g di prezzemolo
  • 3 spicchi d’aglio privati del germoglio centrale
  • due cucchiai di uvetta
  • un pezzetto di peperoncino
  • un cucchiaio di farina di ceci
  • sale
  • olio bio tonda iblea

per la salsa:

  • 3 cucchiai di yogurt di soia al naturale
  • 4 cucchiai di olio tonda iblea
  • un cucchiaio di succo di limone
  • sale
  • erba cipollina
  • erbe e fiori misti (facoltativi)
  • mele e cavolo rosso per servire

Come si fa:

Tritate aglio e prezzemolo, poi frullateli con la soia, l’olio di girasole, il peperoncino e il sale. Versate in una ciotola e impastate con la farina di ceci e l’uvetta. Dividete l’impasto in otto e premetelo con due mani attorno allo stecco cercando di comprimerlo ben bene e non lasciare aria. Mettete su un vassoio/una teglia rivestita di carta da forno e fate riposare in frigo un paio d’ore.

Al momento opportuno, scaldare un goccio d’olio e cuocere un paio di minuti per “lato”.

La salsa la preparate frullando yogurt, olio, limone e sale. Accompagnate con mela e cavolo a fettine, erba cipollina per guarnire e un filo di olio extra su tutto il piatto prima di gustare (nella foto non si vede perché l’ho aggiunto dopo).

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yum yum yum!

primi, ricette, senza glutine

risotto affumicato al tè lapsang

mi ricordo quando, anni fa, mi introdussero nell’infinito mondo dei tè da pasto. C’era questo lapsang souchong altrimenti definito come il tè allo speck (perché è affumicato!) che furoreggiava abbastanza tra le nostre amicizie, in un modo o nell’altro: c’era chi lo odiava e scappava a gambe levate sentendo il sordo rumore delle foglioline nella scatola di latta e chi l’avrebbe bevuto al posto dell’acqua in saecula saeculorum. La cosa più divertente era ovviamente usarlo per cucinare: donava un piacevole gusto legnoso e fumé a sformati, besciamelle…. ma il risotto è il mio cibo del cuore, e quindi ecco qui una “nuova” (ma in realtà conosciutissima dagli amanti di questo tè) interpretazione del risotto col trevisano. Spero vi piaccia!

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Cosa serve (per 3):

  • 8 pugni di riso Arborio, Vialone nano o Carnaroli
  • 1 bel cespo di radicchio trevisano
  • 1 teiera di tè (ca. 600 ml di acqua con 3 cucchiaini di tè lapsang souchong infusi per 4 minuti)
  • 1 arancia non trattata
  • 1/2 cipolla
  • olio qb
  • brodo veg qb
  • 2 cucchiai di lievito alimentare in scaglie (facoltativo)

Come si fa:
Tritate la cipolla finemente. Tagliate il radicchio a metà e poi a striscioline sottili. Preparate il tè e il brodo. Soffriggete la cipolla con una noce di burro di soia, aggiungete il radicchio, proseguite la cottura per un paio di minuti. Aggiungete il riso e tostatelo, sfumate con quasi tutto il contenuto della teiera, fate evaporare e poi proseguite la cottura con il brodo. A fine cottura prelevate due cucchiai di risotto e frullateli con l’ultimo goccio di tè, un goccio di olio e il lievito in scaglie (se vi piace) e poi usate questa crema per mantecare mescolando dolcemente.
Lavate l’arancia e grattugiatene la scorza evitando la parte bianca (albedo). Distribuitela sui piatti e servite con una tazza di tè 🙂
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forneria, ricette, secondi

panzerotti primavera con salsa agrodolce

volo diretto napoli-pechino, senza fritture né fratture.

Questi panzerotti (molto simili ma non uguali, in realtà, e fritti) li avevamo fatti al ristorante vegetariano della festa di radio onda d’urto almeno due anni fa (se non tre). Avevamo la pasta della pizza, una cassetta di cavolo cappuccio che ad agosto è un po’ scomoda da far andare, e poche idee in merito. Il risultato era stato sbalorditivo: verdure a julienne saltate con la salsa di soia, il tutto impacchettato nella pasta e poi fritto. Per anni mi sono detta: dai rifalli, dai rifalli, dai rifalli. E poi, ieri, le circostanze perfette: dover cucinare qualcosa per un aperitivo; avere in casa solo carote, cipolle e cavolo cappuccio; avere il lievito di birra (secco, va bene uguale). Non potevo astenermi.

E quindi eccoli, ho preparato anche una salsina agrodolce che ci sta proprio bene e ho pensato tanto ai miei amici con i quali ho fritto cento panzerottoni una sera d’agosto. Alcuni sono lontani lontani, tipo in Brasile, altre sono vicine, ma non ci si vede mai: vi abbraccio virtualmente in questo giro del mondo culinario 🙂

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Cosa serve (per 20 panzerotti):

  • 650 g di farina
  • 1 bustina di lievito secco attivo
  • 1 cucchiaino di zucchero
  • 1 cucchiaino di sale
  • 2 cucchiai di olio + altro per la cottura
  • 1 kg di verdura mista tra carote, cipolle e cavolo rosso (o verde)
  • 7 spicchi d’aglio
  • 2 cucchiaini di shichimi togarashi (facoltativo, sostituibile con un po’ di peperoncino) (è giapponese, sempre per il tour intorno al mondo)
  • salsa di soia
  • olio di girasole

per la salsa:

  • 8 cucchiai di ketchup
  • 4 cucchiai di acqua
  • 4 cucchiai di aceto di mele
  • 2 cucchiai di zucchero

Come si fa:

Preparate la pasta: sciogliete il lievito con lo zucchero in mezzo bicchiere d’acqua tiepida. Fate riposare 10 minuti. Sciogliete il sale in un bicchiere di acqua tiepida. In una ciotola setacciate la farina e aggiungete prima l’acqua col lievito e poi l’acqua col sale, l’olio e mescolate. Vi servirà almeno un altro mezzo bicchiere d’acqua, sempre tiepida: continuate a impastare con forza e aggiungete acqua o farina fino ad ottenere un impasto elastico e morbido ma non appiccicoso. Mettete in una terrina e fate riposare un’ora, coperta con un tessuto bagnato e strizzato, in un luogo tiepido (il forno appena scaldato e spento).

[DISCLAIMER DAL FUTURO – APRILE 2020: ora non mi sognerei mai di usare una bustina di lievito secco per 650 g di farina, ma ero giovane e inesperta. Vogliatemi bene e vogliate bene anche ai vostri impasti, per cui usate poco lievito e impiegate tante ore di lievitazione.]

Nel frattempo tagliate a julienne tutte le verdure. Tritate l’aglio. In una wok scaldate un fondo di olio di girasole, mettete metà aglio e un cucchiaino di shichimi togarashi e, quando l’aglio sfrigola, buttate metà delle verdure. Saltatele a fiamma alta, dopo un paio di minuti sfumatele con la salsa di soia, fate evaporare e versatele in una teglia. Ripetete l’operazione (in questo modo le verdure non si stufano ma rimangono croccantine) per finire gli ingredienti. Fate raffreddare.

Preparate la salsa mescolando gli ingredienti in una ciotolina e poi riponetela in frigo.

Dopo un’ora riprendete l’impasto, lavoratelo e dividetelo in venti palline (dividete l’impasto a metà, poi ogni metà in 2 e ognuna delle 4 palle che avete in 5). Fatelo lievitare ancora 45′ almeno, sempre al caldo e sempre coperto.

Scaldate il forno a 200°, rivestite due teglie di carta da forno. Mettete un pentolino di acqua sul fondo del forno. Appiattite le palline col mattarello, versate al centro un cucchiaione (due cucchiai) di verdure e chiudete i lati con i rebbi di una forchetta o usando l’apposito stampino. Spennellate con olio e infornate per 20-25 minuti, girandole dopo circa 15-20 minuti (ogni forno fa il suo, quindi provate, devono risultare dorate sotto quando le girate).

Più olio = più croccanti, remember.

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