primi, ricette

canederli connection

Oh welcome back, sono finite le ferie? Io ho preferito il tepore umido della pianura padana, per stavolta: ho apprezzato un’acqua diffusa nell’aria, anziché vederla concentrata ai miei piedi. Scelte vincenti. Siamo di nuovo in cucina, a guardare mestamente gli irriducibili baluardi che hanno picchettato tutta estate nei pensili. Tipo la semola di grano duro, che è sfuggita alle camole con delle piroette alla matrix. O il pane secco che, nonostante la già citata umidità lombarda, è riuscito comunque a diventare duro come le teste di alcune persone note ai più. Sarà proprio lui il protagonista di questa ricetta talmente estiva, ma talmente estiva, che nonostante i tremila gradi all’ombra l’abbiamo proposta anche alla festa di radio onda d’urto in data ventuno agosto duemiladiciotto. Allego testimonianza fotografica dell’accaduto. Aggiungo anche l’aneddoto della serata, per metterlo agli atti (abbiamo notai in sala?): una signora seduta (casualmente) al tavolo con degli amici, elogia i nostri canederli al punto che la mia amica mi chiama fuori dalla cucina per salutare la cara ammiratrice. La quale, al grido di selfiezzamoci!, mi abbraccia e mi chiede di pigiare il magico tastino per l’istantanea. Chiudo in gloria, applausi scroscianti, si chiude il sipario, fine primo atto.

canederli e selfie anche per la nostra super responsabile di stand (e per un braccio volante)

Insomma ieri, in preda all’entusiasmo che solo un frigo pieno di verdura fresca, bio e a km 0 può darti (specie dopo un’estate in solitaria in cui o cucinavo per ottanta persone o non mi facevo nemmeno bollire l’acqua per il cous cous), mi sono guardata in giro per trovare ispirazione su cosa cucinare. La scena è stata all’incirca la seguente.

Va da sé che l’idea del canederlo ha iniziato a ballarmi in testa. Normalmente faccio riferimento a questa mia vecchia ricetta, di volta in volta reinterpretata a sentimento. Se siete di quelli che hanno bisogno delle dosi al milligrammo, andate a vedere il link; se invece siete per l’anarchia anche in cucina, proseguite senza rimpianti.

Notate la qualità della foto, grazie

Prima di lasciarvi al motivo per cui siete venuti qui, ossia la ricetta (presumo), vorrei salutare il pubblico a casa e dedicare questi lussuriosi gnocchi di pane a due donzelle che oggi compiono gli anni. Le suddette sono state mie talentuose allieve al corso di cucina naturale che ho tenuto in primavera a Cernusco sul Naviglio, e dato che conosco le mie pollastre, so che vorranno la ricetta (edit: Chiara mi ha appena scritto, infatti). That’s why ho scritto canederli connection (ennesimo titolo dal quale non si capisce niente di quel che ho preparato): più vado avanti e più sono convinta che i legami instaurati intorno ai fornelli siano i più speciali. Buon compleanno, ragazze <3

CANEDERLI DI TENERUMI CON MELA RENETTA GRIGIA E CIPOLLA DI TROPEA

Cosa serve:

  • 150 g circa di pane secco
  • brodo vegetale freddo o latte vegetale non dolcificato qb
  • una cipolla di tropea
  • una mela renetta grigia (non perché ammuffita)
  • semola di grano duro o farina integrale di grano tenero o un mix delle due qb
  • 500 g di tenerumi di zucchina (googlateli) o altra verdura in foglia da cuocere
  • olio evo, sale, pepe, noce moscata, vino bianco, salvia e rosmarino
  • panna vegetale qb (facoltativa)

Come si fa:

Tagliate il pane secco a cubetti piccoli, fatevi venire una bella vescica sull’indice e maledite il momento in cui avete scelto di fare questa ricetta. Mettetelo in una ciotola capiente e, mentre mescolate con le mani, aggiungete il brodo finché tutto il pane non si è bagnato, ma senza diventare uno zuppone. Lasciate riposare.

Nel frattempo lavate i tenerumi (o qualsiasi altra foglia verde: erbette, spinaci, borragine) e lessateli in poca acqua salata. Scolateli, strizzateli, frullateli o tritateli finemente.

Tritate mezza cipolla e soffriggetela con poco olio. Se l’avete, una sfumatina di vino bianco ci starà benissimo.

Riprendete il pane: strizzate ed eliminate l’eccesso di brodo, aggiungete le foglie sminuzzate, la cipolla soffritta, il pepe, una valanga di noce moscata e impastate. Aggiungete la semola a cucchiaiate, sempre mescolando: dovrete ottenere un impasto morbido ma che riesca a formare delle palline. Regolate di sale. Lasciate riposare dieci minuti, poi formate le palline: non troppo grosse, fidatevi.

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A questo punto mettete su l’acqua per la cottura e preparate il condimento: affettate la mezza cipolla rimasta sottile, seguendo le nervature. Mondate la mela e tagliatela a mezze fettine spesse 1-2 mm. Rosolate la mela e la cipolla in una padella capiente con olio buono, quindi sfumatele con il vino bianco, aggiungete un trito di salvia e rosmarino freschi (un cucchiaio circa) e allungate con un goccio di panna vegetale.

Quando l’acqua bolle salatela, calate il primo canederlo e vedete come regge la cottura. Se tutto procede per il verso giusto, dopo qualche minuto salirà a galla e voi potrete lanciarlo nella padella del condimento a rosolare. A questo punto assaggiatelo con quel pathos coloniale che solo nelle pubblicità dell’ananas in lattina potete trovare. Avete detto sì? Tuffate gli altri canederli, delicatamente mi raccomando, e proseguite come sopra. Servite con dei semini di papavero e dell’altra noce moscata.

incontri, ricettari

Corso di cucina super sprint!

Cari tutti, non ci sentiamo da qualche secolo. In questi mesi ho conseguito la seconda laurea, lavorato a numerosi corsi di cucina, conosciuto decine di persone ansiose di intraprendere un nuovo stile di vita, raccontato a centinaia di bambini le mie storie preferite sulle piante, iniziato una dozzina di nuovi progetti e risposto a meno mail del dovuto. Risolveremo tutto, abbiate pazienza. Se vi manco, cercatemi sui social, lì mi trovate.

Ora che i corsi sono quasi finiti, non vorrete perdervi proprio l’ultimo? Questo, per me, ha un valore speciale: sarà domenica 27 maggio, giorno conclusivo della Settimana Veg. Di cosa sto parlando? Vi mando seduta stante a fare i compiti, ossia a iscrivervi sul sito, scaricare il ricettario gratuito fatto dalle sante manine della vostra procrastinatrice preferita, e provare a mangiare vegan per sette giorni.

Vi racconterò una storia. Giugno 2009, una giovanissima Betti decideva di provare a fare un mese senza mangiare derivati animali, per sfidare una dipendenza dal formaggio e capire meglio la motivazione di numerosi amici già vegan. Il devastante impatto ambientale dell’alimentazione occidentale era il mio motore di partenza (nonostante la carne non sia mai stata la mia passione), e ricordo come se fosse ieri la sensazione di stupore misto a benessere che provavo dopo ogni pasto. Avevo scelto di iniziare a giugno perché mi piace vincere facile, tra pesche, albicocche e melanzane, chi mai si sarebbe accorto della mancanza della scamorza? Non io, giuro.

Quando avevo solo una mannaia – giugno 2009

Sono passati nove anni da allora, e oggi sono onorata dal poter accompagnare qualcuno in questo passaggio. La settimana veg serve a questo, a mettersi in discussione, a tentare ma lasciando stare i pregiudizi: io ho tirato fuori dal cappello le mie ricette preferite, alcune delle quali mi seguono davvero da una vita (leggi: la pasta porri e olive), voi metteteci la presa bene.

Alla fine di tutto ciò, non posso far altro che invitarvi al corso di domenica. Vorrei vedere la saletta piena, non per me, ma per Essere Animali! Con tutta l’informazione che fanno, questo è un modo molto goloso per sostenere le loro iniziative. L’appuntamento è dalle 15 alle 18 in zona Porta Genova, a Milano.

Ho scelto di proporre delle ricette facili e veloci: in primis, io non sono una chef, lo sapete, sono una che si diverte a cucinare, le riesce bene, ha studiato tanto le proprietà dei cibi, ma come tutti io non ho tempo e se per fare una preparazione mi servono due ore, bene, lascio perdere. Ecco quello che prepareremo:

  • mock tuna con aquafaba su piadina fatta al momento
  • pancakes di piselli con tzaziki
  • polpettine di lenticchie e avena
  • insalatina con granola alle erbe aromatiche e dressing al sesamo
  • coppetta di crema con vaniglia e curcuma
  • tartufini di cioccolato profumati

Il costo è di 35 € (dispensa inclusa) e il ricavato andrà a sostegno dei progetti di Essere Animali! E non pensate di andar via a bocca asciutta, a fine giornata vi verrà offerto un aperitivo per assaggiare tutte le preparazioni.

Per info e prenotazioni, scrivete a milano@essereanimali.org <3

 

dolci, quick & easy, raw

tartufini super

Farò  finta che non siano passati tredici mesi dall’ultimo post, e ventiquattro dal penultimo. Mi sento come la studentessa che arriva a fine lezione senza aver portato i compiti e cerca di non farsi notare. Striscio lungo i muri senza che nessuno mi veda e fingo di essere qui da sempre a dispensare ricette a tutti. Quindi, con nonchalance, eccovi un’idea veloce e testatissima per preparare qualcosa di valido. Dopo tutto, se sono riemersa dal mio torpore per mettere qualcosa, di sicuro è perché ne vale la pena.

Ma prima, due parole sugli ingredienti: questi tartufini sono preparati solo con frutta fresca e secca, semi oleosi e poco altro. Nulla di particolarmente difficile da reperire o eccessivamente costoso (a parte la carruba in polvere, che si trova nei negozi di alimentazione bio: però, una volta che la comprate, siete a posto per una vita). Se mi conoscete, sapete bene come la penso sui vari superfood d’importazione assolutamente necessari per una vita vegan healthy molto instagrammabile: non fanno per me. Il motore di ogni mia scelta, sia essa alimentare o non, riguarda l’impatto che questa avrà sulla Terra, ragion per cui scelgo alimenti a km 0 – o quasi (leggi: niente pioggia di avocado) e assolutamente di stagione. Quindi: se cercate lucuma, maca e affini, coltivate in altri emisferi, trasformate e vendute in inutili bustine di plastica (a cifre semplicemente folli)… avete sbagliato posto.

E se non siete scappati tutti col pippone del rientro, ecco la ricetta <3

bdr

Cosa serve (per 20 tartufini): 

  • 100 g fichi secchi
  • 40 g uvetta
  • 100 g carota
  • 1 arancia non trattata (succo e scorza)
  • 40 g semi di girasole
  • 40 g noci sgusciate
  • 60 g mandorle tostate
  • sale marino integrale
  • polpa di carruba in polvere

Come si fa:

Grattugiate la carota e immergetela nel succo di arancia.

A parte, tritate grossolanamente al coltello i fichi, l’uvetta, i semi, le mandorle e le noci. Riuniteli quindi nel frullatore con le carote sgocciolate (bevete il succo!!), la scorza d’arancia e un pizzico di sale e azionate con la funzione intermittente (pulse) fino ad ottenere una pasta piuttosto densa e compatta. Lavoratela con il dorso di un cucchiaio, quindi prelevatene delle palline, modellatele velocemente e tuffatele nella polvere di carruba.

Per eliminare l’eccesso di carruba, fatele roteare in un colino a trama fitta per qualche secondo. Conservateli in frigorifero in un contenitore ermetico.

bdr

Perfetti a colazione o a metà mattina: i grassi buoni e gli zuccheri con tante fibre vi faranno avere energia da vendere per taaanto tempo!

A presto per davvero (e nel frattempo venite a trovarmi su instagram o sulla pagina facebook.

dolci, forneria, ricette

il giorno dei kanelbullar!

Gaudio e tripudio – oggi è il giorno nazionale svedese dei kanelbullar, ovvero quelle brioche morbide alla cannella che portano dritti in paradiso. E com’è possibile che in questi anni non abbia mai trascritto qui la ricetta? Imperdonabile. In quattro e quattr’otto mi sono messa sotto per recuperare, a patto che voi li chiamiate kanelbullar e non cinnamon rolls. Please.

Io personalmente preferisco la versione al cardamomo, ma è questione di gusti. Ovviamente, una volta partiti col trip delle girelle, vi troverete a farcirli con qualsiasi cosa, letteralmente. Io li faccio spesso anche salati, ripieni di crema di pomodori secchi, mandorle e panna di riso. Attendo i vostri esperimenti!

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foto d’epoca rispolverata per il gran giorno

Cosa serve (per 12 grandi o 18 medie) :

per la pasta lievitata:

  • 200 g di farina di farro
  • dai 250 ai 300 g di farina integrale
  • 100 g di acqua tiepida
  • ½ cubetto di lievito di birra*
  • 1 cucchiaino di malto
  • 50 g di zucchero
  • 140 ml di latte di soia o mandorla (non zuccherato)
  • 55 g di olio di semi di girasole
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 cucchiaino di cannella in polvere (o cardamomo in polvere)

per la farcia:

  • 100 g di zucchero integrale di canna
  • 1 cucchiaio di cannella in polvere (o cardamomo in polvere)
  • 2 cucchiai di farina integrale
  • 3 cucchiai di olio di semi di girasole
  • granella di zucchero o filetti di mandorle per guarnire

Come si fa:

Preparate la pasta come prima cosa: sciogliete il lievito nell’acqua tiepida con il malto. Fate riposare due minuti. Versatelo in una ciotola con la farina di farro, l’olio, il latte, la cannella, lo zucchero e il sale. Mescolate per almeno un minuto. Aggiungete la farina integrale 100 g alla volta: fermatevi ai 250 g e impastate vigorosamente, a mano, per almeno 5 minuti. Vi si devono staccare le braccia dalla fatica! Trascinate l’impasto sul piano e riprendetelo per renderlo elastico. Al bisogno, spolverate il piano e le mani di farina.
Quando avete ottenuto una palla liscia, ungetela leggermente e mettetela in una ciotola. Copritela con un telo umido e fate riposare al caldo per un’ora, fino a che non raddoppia (*). Io preferisco tenere tempi di lievitazione più lunghi.

Preparate la farcia mescolando zucchero, farina e la spezia prescelta in una scodella. Tenete l’olio a parte.

Stendete la pasta lievitata in un rettangolo alto 6-7 mm, ungetela con l’olio in modo uniforme e distribuite la polvere su tutta la superficie. Arrotolate come mostra l’immagine di Johanna Kindvall:

bunssteps

Disponete le girelle su una teglia rivestita di carta da forno e fatele lievitare, coperte da un canovaccio, ancora un’ora in un luogo tiepido. Spesso le lascio riposare tutta la notte e le inforno al mattino, per una colazione fragrante.

Spennellatele con un goccio di latte, guarnite con zucchero in granella (per i kanelbullar) o mandorle a filetti (per i kardemummabullar) e infornate.

Cuocete a 180° per 18-24 minuti, fino a che non sono dorate.

Servitele tiepide.

*se avete a disposizione tanto tempo, vi consiglio di utilizzare 1/4 di cubetto di lievito e almeno 8 ore di lievitazione

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melanzane speziate all’aceto balsamico, riso rosso e nuovi inizi

Questo blog ormai è una danza della latitanza e della titubanza. Titudanza. Riesco a immaginarla: muovo il piede destro o quello sinistro? Le braccia dove le tengo? Vengo o non vengo?

So che dietro lo schermo ci sono tante persone che non vedo da tempo, che ogni tanto passano di qui a vedere che combino, e so di deluderle rimandando di continuo la pubblicazione di qualcosa. Tutto mi sembra sempre troppo poco: poco creativo, poco bello, poco utile. Il web pullula di qualsiasi ricetta, ognuna riprodotta in decine di varianti, e il mio apporto alla causa mi pare facoltativo, trascurabile, irrisorio. Il tempo richiesto per una ricetta fatta bene non c’è mai: io voglio mangiare, posso sì scattare una foto col telefono ma di sicuro non tiro fuori la reflex per questa inutile robetta. E la storia, ciclica, si ripete: tutto è buono ma niente è all’altezza. Tanto vale chiudere?

Penso poi al mio percorso: togliere, togliere, togliere. Sempre meno zucchero, niente margarina, niente olio di palma, niente alimenti raffinati: il mio gusto cerca sapori diversi da quando ho iniziato e infilavo mezzo panetto di margarina in ogni torta. Più puro, più sano. Tante mie amiche blogger stanno facendo lo stesso, chi più e chi meno, chi prima e chi dopo. Ma non è un percorso universale: le mamme delle amiche, le amiche della mamma, chiunque abbia piacere a passare di qui, non tutte partiamo dallo stesso punto. Allora forse conviene andare avanti a mettere quello che cucino, quello che mi piace, la mia cucina quotidiana che è molto soddisfacente, e pensare alle mie donne che aspettano un consiglio o una ricettina.


Fatta questa doverosa premessa, che spiega molte cose (del perché preferisco scattare foto sulla mia pagina facebook, scrivere ricettari a macchina e fare corsi a contatto con la gente), mi ritrovo tornata dalle vacanze con la casa vuota tranne per un paio di cose. Tra queste un pacco, conservato come l’oro, di riso ermes, donatomi da una nuova amica (con il nome più battagliero che il mondo ricordi) quando l’estate era appena iniziata ma di caldo ce n’era già un gran tanto.

melanzane

Cosa serve (per 3):

  • una melanzana di media grandezza
  • uno spicchio d’aglio
  • un cipollotto
  • due coste di sedano
  • una manciata di uvetta
  • cannella, noce moscata, due chiodi di garofano, peperoncino, sale integrale
  • aceto balsamico di modena di buona qualità
  • un cucchiaio di zucchero mascobado (meglio succo d’agave, se l’avete, o malto)
  • un mazzettino di prezzemolo
  • riso ermes (due pugni a testa)

Come si fa:

Tagliate la melanzana a fette spesse 8 mm e cospargetele di sale fino. Fate riposare per trenta minuti. Sciacquate e tagliate a dadini, fate a fettine anche il sedano. Scaldate un fondo d’olio con un pezzetto  di peperoncino e imbiondite aglio e cipollotto tritati. Unite le melanzane e il sedano, l’uvetta, le spezie a piacere, un bicchiere d’acqua, due-tre cucchiai di aceto, lo zucchero e coprite. Cuocete a fuoco dolce per trenta-quaranta minuti, controllando che non si attacchi al fondo. Regolate di sale, alzate la fiamma per far rapprendere il tutto, unite abbondante prezzemolo tritato e servite con riso ermes bollito.

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gazpacho di anguria

Che faccia un caldo irreale ce ne siamo accorti tutti. Quando esco dalla mia tana sento la pelle che mi brucia, le zanzare mi divorano nonostante i repellenti che mi spalmo, e tutto è una fatica. In casa, dove sono confinata per studiare, me la cavo egregiamente con un ventilatore e un catino d’acqua in cui pucciare i piedi mentre sto seduta al tavolo. Dignità zero ma goduria elevatissima.

Quindi? Mangio sostanzialmente insalate, frutta e verdura cruda, qualche volta mi faccio una pasta e sudo nel farla e sudo nel mangiarla, allora mi passa la voglia e torno ai miei cetrioli. No pasta al sugo, no pasta al sudo.

Come se non bastasse, non posso più mangiare i pomodori: la mia allergia al nichel si è stronzificata e non posso più fare finta che non esista. Estate doppiamente difficile: sto mangiando cetrioli e zucchine, zucchine e cetrioli e mi annoio, quindi metto frutta dappertutto, e cipolla cruda. Tanto sono chiusa in casa, nessuno avrà qualcosa da ridire (forse).

Ma l’estate per me vuol dire gazpacho, e averlo preparato al pomodoro l’altra sera mi ha fatto salire una voglia irrefrenabile. E proviamo con l’anguria, dai. Tanto il concetto di base è semplice: pane secco, aceto e un goccio d’olio, verdura, un goccio d’acqua. Frigo. Frulla.

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Cosa serve:

  • due panini secchi
  • un pezzo di anguria (da 1/4 di anguria – il classico spicchio che vi tagliano al mercato – ricavatene 1/3)
  • un cetriolo
  • tre coste di sedano
  • un cipollotto di tropea
  • aceto di vino rosso abbondante – da provare con l’aceto balsamico o altri aceti carini
  • olio evo
  • sale o acidulato di umeboshi (meglio!)

Come si fa:

Va preparato almeno sei ore prima. Al mattino o a mezzogiorno per la cena, la sera per il pranzo.

Spezzettate il pane (se è troppo duro lasciatelo così), mettetelo in una ciotola e conditelo con abbondante aceto. Aggiungete l’anguria a pezzi, il cetriolo a fette, il sedano a tocchetti e il cipollotto a fettine. Unite un goccio d’olio (poco!), un paio di cucchiai di acidulato di umeboshi (che sala e acidifica ulteriormente, io lo amo!) o un pizzico di sale, versate un bicchiere d’acqua e mescolate.

Coprite e refrigerate.

Al momento di consumarlo, frullatelo aggiungendo acqua se lo volete più liquido (a me troppo brodoso non piace, preferisco tenerlo un po’ cremoso).

Extra: scorza di limone o menta o melissa. No, niente vodka.

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zucchine ripiene e insalata di pesche

so bene che è da folli proporvi una ricetta al forno con questo caldo criminale, ma ve la posso spiegare. Non sto cercando di farla finita, aumentando ulteriormente la temperatura di casa. Semplicemente, qualche giorno fa mi sono alzata all’alba (almeno ho fatto colazione con la mia bella) e ho iniziato a cucinare, nel fresco del mattino. Alle otto ho infornato una torta salata, quattro zucchine ripiene e due crostatine (ho un forno grande, sì!), e per il resto della giornata sono stata libera di fare le tremila cose che mi ero prefissata. Furba, eh? La verità è che sto diventando sempre più anziana. Fra un po’ mi ritroverete a mettermi le scarpe col calzascarpe o a giocare a scala quaranta con il reggicarte. Anzi, ho sempre preferito Machiavelli a scala, quindi è deciso! La location già ce l’ho: sotto casa ho un simpaticissimo bar frequentato da vecchi ubriachi che litigano e urlano giocando a scopa tutto il giorno. Una pacchia.

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Questa la testimonianza che dico il vero!

Cosa serve (per 2 persone):

  • 4 zucchine tonde
  • un bicchiere di miglio
  • tre cipollotti
  • tanto basilico
  • stracchino di riso qb o labné di soia o hummus di ceci
  • 2 pesche gialle
  • 2 pesche tabacchiere bianche
  • aceto balsamico buono
  • olio buono, sale integrale, pepe nero macinato fresco

Come si fa:

Tagliate la sommità della zucchina lasciando poca polpa attaccata al picciolo. Svuotatele con un cucchiaino o uno scavino per frutta, facendo attenzione a non bucarle (lasciate uno spessore massimo di 5 mm).

In un pentolino scaldate due cucchiai di olio con 2 cipollotti tagliati a rondelle fini, poi aggiungete il miglio, tostate un minuto e coprite con 3 bicchieri di acqua salata (o brodo). Portate a bollore, mettete il coperchio e abbassate la fiamma al minimo. Cuocete 20 minuti.

A parte rosolate la polpa delle zucchine, grossolanamente triturata, con olio e l’ultimo cipollotto. Salate, coprite e stufate con un cucchiaio di acqua. Sono pronte quando sono appassite e un po’ dorate.

Mescolate il miglio con le zucchine trifolate e abbondante basilico spezzettato con le mani. Riempite le zucchine con un cucchiaio di miglio, un cucchiaio di stracchino e terminare con il miglio. Chiudete con il cappello e cuocete in forno già caldo a 180° per 20 minuti. In alternativa, ungete un tegame piccolo, ponete le zucchine, due cucchiai di acqua e copritele. Cuocete a fuoco lento per 30 minuti, aggiungendo acqua se si attaccano.

Servite con insalata di pesche: lavate e tagliate le pesche e conditele con tanto basilico, olio buono, aceto balsamico, sale integrale e pepe nero appena pestato. L’ideale. (Non posso più mangiare i pomodori, se è quello che vi state chiedendo!) Pesche e basilico, una delle mie accoppiate preferite.

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Vi aspetto venerdì e domenica a Triuggio (MB) per due incontri sulle erbe spontanee!

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vivere di kumquat

ci sono un po’ di cose che non sapevo sui kumquat. Ho un ricordo fortissimo di me bambina, che mangio tonnellate di mandarini cinesi a capodanno (insieme ai frutti della passione, grandissimo amore della vita: andavamo a rubarli dal cesto della frutta vicino al camino, mentre gli adulti erano distratti e impegnati a svuotare bottiglie) e poi basta per il resto dell’anno: pensavo venissero dalla Cina, e fossero un bene di lusso da concedersi una volta ogni tanto. Da allora, il vuoto siderale: ho smesso di passare il capodanno con gli amici dei miei, e di occasioni per comprare questi pallini tondi non ne ho più trovate. Poi sai, la paranoia delle cere sugli agrumi ha fatto il resto (certo, difficile immaginare che qualcuno possa passare la vita a spruzzare schifezze sulla buccia edibile di questi affarini, ma tant’è), e i piccoli mandarini cinesi sono finiti nel dimenticatoio.

Poi sono arrivate le vacanze di pasqua, e noi qui abbiamo fatto fagotto e siamo andate in Versilia a trovare le nostre amiche. Grandi sbevazzate, intense abbuffate (ho preparato una fantastica – lasciatemi vantare! – pastiera vegan, con tanto di grano antico ammollato per tre giorni e canditi di pasticceria, fatta riposare per tre giorni come vuole la tradizione: esatto, fare la pastiera (e non mangiarla prima del dovuto) è un lavoro a tempo pieno) e una minuziosa raccolta dei frutti ospitati dagli orti delle amiche. Così, siam partite con pastiera e dolci vari, e siam tornate con kumquat e limoni (un chiaro messaggio tra le righe, vero?).

Riecco i kumquat, quindi, li ho staccati personalmente dall’albero di casa di mamma Ave, mentre mi asciugavo i capelli al sole del lunedì mattina (romanticheria necessaria dopo aver fuso un asciugacapelli, con tanto di fumo nero inspirato a pieni polmoni). Che ci fai con i mandarini cinesi? La marmellata, buonissima, è stato il primo pensiero. Lo sbattimento che solo le marmellate ti danno è stato il secondo. Ne esistono di ottime, senza zucchero e biologiche, in vendita in ogni supermercato: chi sono io per rinunciare a tale comodità? (una che faceva 30 barattoli di marmellata in pochi giorni, bruciandosi la voglia di farne per il resto della vita)

Scartata l’idea di passare ore china su un pentolone, ho pensato di seccarli con l’essiccatore. Cosa che effettivamente ho fatto, ma non solo. Cercando informazioni sui kumquat, scopro che si conservano sottaceto o sotto sale (vuoi non provare? giammai!) e, cosa più importante, che si chiamano Fortunella. Fortunella come me, che ne raccoglievo quasi due kg, prima di andare a fare un picnic in una giornata di sole.

Nel prossimo post vi lascio i link e le traduzioni per le conserve, in questo invece condivido il risotto – buonissimo – di ieri sera. Perché si può vivere, di kumquat.

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RISOTTO AGLI SPINACI CON KUMQUAT GLASSATI ALLO ZENZERO

(lo so che pubblico solo ricette di risotti: è il mio piatto preferito e, causa allergie, ho dovuto eliminare dalla dieta molto altro. Toglietemi tutto, ma non il mio riso!)

Cosa serve (per 2 persone):

  • 50 g di cipolla
  • 40 g di sedano (1/2 costa)
  • 1 cucchiaio e 1/2 di olio EVO
  • 5 pugni di riso carnaroli o arborio o semintegrale o integrale o fate voi (160 g)
  • 1/2 cucchiaino di curry
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • brodo vegetale qb
  • 3 cubi di spinaci surgelati (meglio freschi, ovviamente! meglio ancora, metà spinaci e metà catalogna)
  • 7-8 foglie di sedano

Per la glassa:

  • 8 kumquat
  • 5 g di zenzero (una noce)
  • 1 cucchiaino di olio EVO
  • 1 cucchiaio di sciroppo d’acero
  • 1 cucchiaio di tamari senza glutine
  • pepe nero macinato fresco

Come si fa:

Preparate un trito di cipolla e sedano, soffriggetelo nell’olio, poi aggiungete il riso e il curry. Tostate un minuto, sfumate con il vino, fate evaporare e portate a cottura con il brodo, un mestolo alla volta. Aggiungete gli spinaci al brodo o metteteli nel riso ancora surgelati, funziona uguale. A fine cottura prelevate una bella mestolata di riso e frullatela con le foglie di sedano e brodo qb fino a ottenere una crema verde: usatela per mantecare il riso al posto del burro.

A parte, tagliate lo zenzero a listarelle e i kumquat a fettine sottili, togliendo i semini. In un pentolino di acciaio, mettete zenzero, kumquat, acero, tamari, olio e 2-3 cucchiai di acqua. Cuocete per 3-4 minuti a fuoco lento fino a che lo sciroppo non si è ridotto quasi del tutto. Se lo riducete troppo, aggiungete un goccio d’acqua.

Impiattate con il risotto, i kumquat glassati al centro e una generosa spolverata di pepe nero appena macinato.

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risotto ai mille porri con crema di mele allo zafferano

Spolvera che ti rispolvero, ho ancora un consistente arretrato di ricette da propinarvi. Torte e lasagne ad esempio, tasto dolente perché mi si è rotto il forno. Non proprio rotto rotto, diciamo che si può ancora usare con qualche barbatrucco ma è un po’ pericoloso (forno a gas, ovviamente, se sentite BOOM! sono io che volevo fare i biscotti).
Andiamo sul risotto che è meglio e aspettiamo tempi migliori per ripensare alle prodezze piriche del mio potente mezzo.
Risotto semplice ai porri, con tante noci e una crema soffice di mela gialla e patata profumata allo zafferano. Per chiudere, del verde di porro croccante. A parte che sporcate mille e trecento pentole, è un piatto semplice. Giuro.

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Cosa serve (per 3):

  • 7 pugni di riso (200 g) semintegrale
  • 2 bei porri
  • Una mela gialla
  • Mezza patata (facoltativa)
  • Noci (4 a persona)
  • Brodo vegetale (500 ml)
  • Zafferano (una bustina)
  • Olio evo buono, sale, pepe
  • Vino bianco


Come si fa:
Preparate il risotto: tagliate a rondelle il porro lavato (parte bianca), soffriggetelo in poco olio, unite il riso, tostate, sfumate col vino, fate evaporare e cuocete col brodo bollente aggiunto poco alla volta. Niente di che. A fine cottura frullate due cucchiaiate di riso con poco brodo e un cucchiaino d’olio, e usate la crema ottenuta per mantecare.
Sbucciate la mela e la patata e tagliatele a pezzi, e cuocetele in poca acqua (o nel brodo del risotto, se ne avete). Scolatele e frullatele con lo zafferano e un goccio di brodo/acqua di cottura se serve. Regolate di sale e pepe.
Tagliate a rondelle la parte verde del porro e saltatela in un filo d’olio caldo, per un paio di minuti al massimo.
Sgusciate le noci.
Impiattate con crema, riso, noci e porro verde qua e là.

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cracker: si può faare!

post un po’ scemo, oggi. Sono sul letto a studiare, esattamente come ho fatto per tutto il liceo (nel senso che non amavo stare alla scrivania, non che ero una secchiona), a pranzo mi sono sbriciolata addosso i cracker che ho preparato ieri sera, con l’ hummus avanzato. Una pacchia. Ci tengo a sottolineare che non ho fatto finire le briciole tra le lenzuola: potrei impazzire!

Cracker, quindi: perché mai una in fase di studio dovrebbe mettersi a sfornare cento (C E N T O) pezzi sottili di pasta lievitata? Perché ha bisogno di altro, e questo altro se è croccante e al rosmarino ci piace anche di più! Al supermercato o hanno olio di palma o hanno costi proibitivi, e quindi: let’s do this! Prima di mettermi all’opera, ho cercato delle ricette su internet. Una volta ero brava, leggevo ed eseguivo, magari cambiando qualcosa; adesso leggo e mi dico “non hai gli ingredienti giusti!”, “oddio questa ha messo 25 g di lievito, è matta?”, “ma tutti con la pasta madre? uffa! io non ce l’ho” eccetera. Quindi va a finire che vado in cucina e improvviso, stando attenda alla consistenza delle cose, e spero che vengano bene. A volte non funziona affatto, altre volte mi bullo di aver creato piccoli capolavori. Tipo questi cracker: li volevo esattamente così – seeee, come no.

Comunque sono buoni, sono veloci, sono fatti con le farine che avevo in casa quindi meglio di così non potevo fare, e sono una cifra. Cinque alto ai crackerini!

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Cosa serve:

  • 200 g di semola di grano duro bio
  • 300 g di farina integrale bio
  • 1 cucchiaino di lievito secco in granuli
  • 1 cucchiaino colmo di malto di riso o orzo
  • circa 280-300 ml di acqua tiepida
  • 1 cucchiaino di sale fino (non sono eccessivamente salati: per me sono perfetti. Se cercate il gusto salato forte potete mettere qualche grano di sale in superficie – ma fa male e sono buoni così, quindi evitate, dai 🙂
  • 1 cucchiaio di aghi di rosmarino spezzetttati (o quello che avete)
  • 1 cucchiaino di foglie di lavanda spezzettate (facoltativo)
  • 30 g di semi di lino (o quelli che avete)
  • 30 ml di olio evo

Come si fa:

In un bicchiere mettete il lievito, il malto e un po’ di acqua tiepida (prelevatela dal misurino – fino a circa metà bicchiere) e mescolate per sciogliere bene tutto. Mettetelo sul calorifero per 10 minuti. In una ciotola mettere le farine, il rosmarino e i semini. Aggiungere l’acqua con il lievito e la schiuma, impastare aggiungendo l’olio e la restante acqua in cui avrete sciolto il sale. Trasferitevi su una spianatoia infarinata e impastate vigorosamente per almeno 5 minuti, in modo che l’impasto si rassodi e diventi meno appiccicoso. Aggiungete acqua se è duro, farina se appiccica ancora: alla fine dovete ottenere una palla morbida. Lasciatela sulla spianatoia infarinata, copritela con la ciotola che avete usato e andatevene. Tornate dopo un’oretta. Dividete il composto in 4 palle e appiattitele, una per volta, sulla spianatoia infarinata, con il mattarello anch’esso infarinato. Lo spessore finale si aggira intorno ai 3 mm. Ritagliate dei rettangoli con la rotella dei ravioli e fateli riposare per 30 minuti. La grandezza dei rettangoli è variabile: io sono stata all’incirca intorno alla misura da cracker 😉

Scaldate il forno a 190°C, adagiate i cracker su una teglia rivestita di carta da forno e bucherellateli con una forchetta. Cuoceteli per 15-20 minuti, finchè non sono dorati, dopodichè metteteli su una gratella a raffreddare e infornatene degli altri. Ci vuole del tempo, è vero, ma alla fine avrete una bella scorta!

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Abbinamenti

più che abbinamenti parlo proprio del piatto che avevo in mente quando mi sono inventata i cracker. Avevo voglia di finocchi cotti (giuro, ho appena scoperto che se li tieni poco sul fuoco si brasano e diventano buonissimi. Lo so cosa pensi, facevano schifo anche a me) e di hummus (ma mi sembrava un po’ aggressive quidi l’ho reso più delicato).

Finocchi brasati

Per preparare i finocchi dovete tagliarli a spicchi, lavarli bene e scolarli. In una padella grande scaldate un generoso filo di olio, unite i finocchi e, a fiamma alta, dategli quei colpetti che vi fanno sentire tanto bravi in cucina. Copriteli anche, per qualche minuto, ogni tanto gli date una girata, e dopo 7 minuti al massimo li togliete. Sale, pepe, semi di finocchio et voilà!

Hummus delicato

Per l’hummus invece ho frullato dei ceci (saranno stati 350 g circa) con il succo di mezzo limone, 3 cucchiai di olio, 3 cucchiaini di crema di mandorle, uno spicchio d’aglio tritato, un pezzetto di zenzero tritato, un po’ di acqua di cottura, del sale. Stop.

E vi dico che tutto insieme era davvero molto buono, questo menu frankenstein. Si può faaaaaare!