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parlando di avanzi

quando si parla di avanzi ognuno ha la sua: chi preferisce surgelare tutto per eventuali tempi stretti, chi li regala perché odia mangiare due volte lo stesso piatto, chi li ricicla in operazioni di recupero più o meno riuscite, chi infine apre il frigorifero e ama trovare “la ciotolina di parmigianina diaccia” (ghiacciata) per riempire il buco allo stomaco (cit.).

Io mi rivedo in tutte queste, e vuoi la noia, vuoi esplicite richieste (“mi fai le polpetteee?”), alla fine ci si reinventa sempre un po’.

Ultimamente di ricicloni carini ne son venuti fuori un paio: ve li presento qualora vogliate prenderne nota.

Per riciclare la farinata: dadini nella vellutata!

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La farinata si prepara con 250 g di farina di ceci stemperati in 750 ml di acqua, un pizzico di sale e un paio di cucchiai di olio. Va fatta riposare almeno tutta la notte, mescolando quando vi ricordate, e poi cotta a 250° per 30 minuti circa, in una teglia bella unta di olio bollente. Aggiungere pepe in abbondanza.

La vellutata prevede un soffritto di cipolla e paprika, poi patate a dadini e spinaci anche surgelati, tutto coperto di acqua o brodo vegetale. Dopo 20-30 minuti al massimo, frullare.


Per riciclare invece la classica zuppa di legumi misti: purpett’!

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La zuppa si prepara mettendo a mollo per una notte 250 g di misto-per-minestra-di-legumi, poi cotti con un pezzetto di alga kombu. A fine cottura dei legumi aggiungere un soffrittone di verdure e erbe a piacere e cuocere finché le verdure non sono tutte cotte. Olio, sale, pepe, via.

Le polpette si fanno frullando la zuppa “asciutta” (scolata dall’eventuale brodino) con un pezzo di cipolla e una costa di sedano a dadini, sale, pepe bianco, pangrattato/fiocchi di avena e prezzemolo. Passare nel pangrattato e dorare in padella con un goccio d’olio. Se poi avete anche il sugo da riciclare, la morte sua, allora ciaone.

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torta speziata di mele e zucca

Buongiorno! Come ogni inizio dell’anno che si rispetti, io sparisco nella sessione d’esame e passo le giornate seduta a leggere, sotttolineare e mangiare. Chi mi segue su facebook sa di cosa parlo, ma chi invece viene a trovarmi solo qui si ritrova a bocca asciutta… e questo non va bene. Ho un po’ di piatti in arretrato da proporvi: di alcuni ho preso nota (olè!), di altri no (salutiamoli mentre spariscono per sempre).

Inizio con questa torta di zucca e mele strepitosa: un filo troppo dolce, a mio avviso, ma per il resto davvero buona. La ricetta l’ho tratta da questo blog, ho cambiato un paio di cose e stop. Da provare!

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COSA SERVE:

  • 300 g di farina integrale
  • 200 g di polpa di zucca cotta al vapore
  • 100 g di zucchero di canna
  • 70 ml di olio evo
  • 2 cucchiaini di lievito o cremor tartaro
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 presina di sale
  • 1/2 cucchiaino di zenzero
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 cucchiaino di vaniglia
  • 200 ml di latte di soia o riso al naturale
  • 70 g di gocce di cioccolato fondente
  • 50 g di mandorle tritate grossolanamente (o noci o nocciole)
  • 3 mele pelate e tagliate a fettine sottili
  • 2 cucchiaini di malto + 2 cucchiai di latte per spennellare

COME SI FA:

Riscaldate il forno a 160/170°.

In una terrina setacciate la farina, le spezie, il lievito, il bicarbonato e il sale. Nel frullatore riunite la zucca, l’olio, il latte e lo zucchero e frullate fino a ottenere una crema liscia. Versate la crema nella farina, aggiungete le mandorle e le gocce di cioccolato e versate in una tortiera rivestita di carta da forno (o unta con un goccio d’olio, togliendo gli eccessi con un foglio di carta assorbente). Infilate le mele a raggiera (vedi foto) senza andare troppo in profondità. Mescolate il malto con il latte e spennellate tutta la superficie della torta.

Infornate e cuocete per un’ora, o fino a quando uno stuzzicadente infilato al centro non uscirà asciutto. (se vi sembra tanto un’ora di cottura, tenete presente che l’impasto con la zucca e le mele è molto umido e stiamo usando una temperatura leggermente inferiore ai classici 180°, che ci permetterà di avere una torta ben lievitata e cotta alla perfezione. Se volete potete alzare a 180° durante gli ultimi 15/20 minuti di cottura)

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quando torni a casa alle otto

e non hai nessuna zuppa pronta dal mattino, nessun avanzo in frigo (anzi a dirla tutta il frigo è deserto), nessuno che cucina per te. Capita a chiunque. Capita anche di non aver proprio voglia di una pasta con… uhm… l’olio? In questo caso o opto per la “frittata” fatta con farina di ceci e cipolle (pronta in quindici minuti al massimo) oppure mi fermo nell’ultimo supermercato che incontro prima di salire sul treno e compro una di quelle tremende bustone di verdura da cuocere tipo spinaci-catalogna-erbette. Quelle già lavate, sì. Perchè se non ho tempo, non ho tempo, e piuttosto che non mangiare verdura, la compro così. Aggiungo anche una lattina di fagioli. Spendo due euro.
[…]
Arrivo in casa e mi tolgo le scarpe. Mi lavo le mani e taglio a fette mezza cipolla, la rosolo in un goccio d’olio mentre faccio a fettine tre patate. Mentre ripasso le patate sciacquo i fagioli sotto l’acqua. Butto in pentola pure quelli, un goccio di vino, mentre evapora metto olio aglio e peperoncino in una padella per le foglie che ho comprato, aggiungo acqua di qua e di là, sale nelle patate e copro. Non più di dieci minuti cronometrati (cinque se siete acrobatici).
Adesso posso andare a cambiarmi, svuotare lo zaino, lavare la schiscetta del pranzo, e quando è pronta la cena sono pronta anche io. Ok, non è alta cucina: ma è buono, riempie e costa poco. È senza glutine. Ha le verdure. Si fa da solo. Personalmente, ci vedo solo lati positivi: perchè non dargli un nome tonante e metterlo sul blog? Ed eccoci qui.

Mash di patate e fagioli alla paprika con catalogna piccante

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Cosa serve (per 2 lupi affamati):

  • 1/2 cipolla (quella che avete)
  • 3 patate
  • 1 lattina di borlotti
  • 400 g di verdura in foglie da cuocere, cruda (erbette, catalogna, spinaci) e pulita
  • 1 spicchio d’aglio
  • olio EVO, peperoncino, paprika, vino rosso, timo, sale alle erbe

Come si fa:
L’ho scritto anche sopra, però in sostanza è più lungo a dirsi che a farsi.
Tagliate a fette la cipolla e mettetela in una pentola con un filo d’olio. Accendete il fuoco medio-basso e pelate e tagliate le patate: più le fate fini, prima cuociono. Io le faccio in 4 spicchi e poi le affetto sottili. Unite le patate alla cipolla che si sarà dorata e mescolate. Scolate e sciacquate bene i fagioli. Aggiungetele in pentola, versate un goccio di vino e mescolate. Mentre il vino evapora prendete una padella, la ungete con un filo d’olio, ci buttate del peperoncino e uno spicchio d’aglio intero e accendete a fuoco alto. Versate le foglie, girate, versate una tazzina di acqua, coprite e abbassate la fiamma al minimo.
Di là il vino sarà evaporato: coprite a filo con acqua (mica volete una zuppa navigante in trenta litri), pizzichino di sale alle erbe e coperchio, fuoco medio.
Ogni tanto controllate e mescolate… soprattutto le erbe.
Cotto? Schiacciate le patate e i fagioli con un cucchiaio o una forchetta. Condite con olio, paprika, timo. Servite.

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la crema dei sogni

la colazione. Croce e delizia dell’italiano medio, da chi non la fa mai (shame on you!) a chi la fa al bar (shame on you lo stesso!), quando salta fuori l’argomento ci si infervora come quando si parla della formazione sbagliata della nazionale. Eppure non è difficile: un frutto, pane e marmellata, un tè caldo sono la mia scelta personale. Poi ogni tanto c’è la torta, ogni tanto i biscotti (vi prego, vi prego, vi prego: se li comprate al supermercato non scegliete quelli con l’olio di palma. Adesso la scelta comincia a essere ampia!), ogni tanto cereali… insomma, non moriamo di noia.
La mia combinazione del cuore nei secoli dei secoli è (rullo di tamburi): pane strapieno di semi (ce n’è uno in val badia che sono praticamente 4 kg di semenza uniti dal minimo indispensabile di impasto da pane con farine buonissssime. Ecco, già sbavo) con sottile strato di tahina (crema di sesamo, ricca di ferro e calcio, crea dipendenza vera. Il gruppo di autoaiuto per tossici di tahina si ritrova in casa mia il martedì sera) e marmellata buona di albicocche (buona=senza zucchero o al massimo poco zucchero di canna!). Fatevi un regalo, provatela!

Arrivo al punto: per le mattine golose, per la voglia di cioccolato, per chi il cioccolato non lo può mangiare, per i nostalgici della crema di nocciole, per i senza zucchero, per i tahinomani (ahoy!), per i carrubomani (malati di carrube: per voi ho fatto anche una toppa bellissima!), per tutti voi amici qui riuniti oggi nel nome della colazione ecco fra noi la crema-paradisiaca-senza-sbatti-pronta-in-due-secondi-olè-olè.

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(Era tutta una scusa per mostrare la tazza nuova che mi hanno regalato a natale, o il mio piattino preferito preso a Londra, o il portafettetostate che tanto amo. Chiaro.)


Cosa serve:

  • 1 cucchiaino colmo di tahina
  • 1 cucchiaino di malto
  • 1 cucchiaino abbondante di carruba in polvere (farina di polpa di carruba)
  • 1 cucchiaino di acqua calda (o té!)

Come si fa:
In una ciotolina mescolate prima carruba e tahina, poi il malto, e infine l’acqua o il té per rendere la crema fluida (potete aggiungere altra acqua). Difficile eh?

Ed ecco la toppa da sfoggiare per l’occasione: ho inciso della gomma nera per creare il timbro, e poi l’ho stampato un po’ ovunque e continuerò a farlo! È uno dei risultati del workshop di xilografia che ho seguito alla Fanzinoteca con il maestro Paolo dell’Officina Stampa Alternativa: che bomba di pomeriggi!
(Info: https://lapipettenoir.wordpress.com
http://praticheyaje.altervista.org/officinastampaalternativa.html)

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il dal che ci accompagna da anni

Un bel po’ di anni fa, a Londra, trovai in una libreria molto nota tutto quello che cercavo: l’intero ripiano di uno scaffale dedicato a libri di cucina vegan! Mi pareva di sognare: qui eravamo fermi a delle cose tristissime. Abbiamo comprato così tanti libri (non solo di cucina, eh) che abbiamo sfondato ogni limite di peso in tutti i bagagli, quello in stiva incluso. Avevo già il mio parka detto Asparagus, comprato per pochi euro in un negozio dell’usato, e nelle sue capienti tascone infilai qualche kg di libri sotto lo sguardo divertito della hostess al check-in. Se ripenso al seguito di quella vacanza, ricordo i primi cupcakes dal libro di Isa Chandra (zucca e cannella, ne abbiam mangiati tipo tre di fila per placare l’entusiasmo!), i cookies, l’arrosto di noci, un brunch preparato di nascosto con il mio compagno di studi al posto di essere a lezione, un sacco di zuppe, la Worcester fatta a mano per preparare i burger di lenticchie prima di una notte di concerti al Leoncavallo: era tutto una continua scoperta.
Inaspettatamente una delle ricette più folgoranti è stata quella di un dal di lenticchie e broccoli. Ripetuto in duemila varianti, seguendo più o meno pedissequamente la ricetta, è un grande classico del nostro inverno. Ieri ce lo siamo concesso con del riso e una birra speciale: la foto è del telefono, quindi è orrenda, ma chiuderete un occhio.
Consigliatissimo dopo le feste!

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Vi riporto la ricetta originale di Lauren Ulm, tratta dal libro Vegan Yum Yum: fate voi le vostre modifiche, viene buona in ogni caso (senza latte, con più o meno lenticchie o broccoli, con spezie diverse…)

Cosa serve (per 2):

  • 2 cucchiai di olio EVO
  • 1 cucchiaino di cumino in semi
  • 1 cucchiaino di senape nera in semi
  • 1/2 tazza di lenticchie rosse
  • 1/2 cipolla tritata
  • 1 broccolo tagliato a pezzetti piccoli
  • 2 tazze di acqua
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 tazza di latte di soia
  • 1 cucchiaio di salsa di soia (senza glutine)
  • 1 cucchiaio di succo di limone
  • 1/2 cucchiaino di curcuma
  • 1/2 cucchiaino di garam masala
  • 1/2 cucchiaino di peperoncino

Come si fa:
Scaldate l’olio con cumino, senape, lenticchie e cipolla. Fate dorare, unite il broccolo, acqua e sale. Quando bolle coprite e cuocete per 20/25 minuti, mescolando ogni tanto. Quando tutto é soffice e ben cotto unite il resto degli ingredienti e spegnete. Servite subito.

Ne approfitto per augurarvi che l’anno si concluda come avete sperato, e che ricominci pieno di aspettative. Io sono immensamente felice di quel che mi sta succedendo, e mi faccio trasportare dalla bellezza. Viva!

A presto!

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risotto di topinambur, semi di zucca e pepe bianco

su una crema di fagioli tre colori e salvia. Semplice, appagante, completo.
Prima avevo la tendenza a mangiare legumi e tofu “una volta ogni tanto”, poi ho fatto i conti: in giornate da “cereali e verdura” (per intenderci) l’apporto proteico era carente, anche se di poco. E quindi adesso sto più attenta a regolare la mia dieta, con piccoli e grandi accorgimenti. Se mangio gli spinaci continuo ad abbinare il succo di limone, ma evito di abbinare cibi troppo ricchi in fibra, in modo che il ferro finisca a me e non nel water assieme all’amica spazzina (dai che sono stata elegante).
E quindi adesso ho una scorta di legumi cotti e surgelati, pronti all’occorrenza. Da oggi è amore puro.

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Ricordo che da adesso le foto saranno scattate col telefono: abbiate pazienza. Poteva andarci peggio!
Le dosi per 3, via (cioè noi 2 + il pranzo di domani in università)

Cosa serve:

  • 170 g di riso semintegrale
  • 300 g di topinambur
  • 2 spicchi d’aglio
  • 3 cucchiai d’olio evo
  • 1/2 bicchiere di vino (per me rosso)
  • brodo vegetale qb
  • 40 g di semi di zucca non salati
  • 1 cucchiaio di prezzemolo tritato
  • pepe bianco in grani
  • 240 g di fagioli (bianchi, neri e borlotti) cotti e pesati da surgelati. Fate a occhio!
  • 5 foglie di salvia
  • 1 pomodoro secco (io uso quelli disidratati, non sott’olio)
  • 1 cucchiaio di olio evo


Come si fa:
Preparate il brodo. Tritate l’aglio dopo aver tolto il germoglio. Pelate e tagliate i topinambur in 4 spicchi e poi a fettine sottilissime. Scaldate l’olio (2 cucc.) con l’aglio, quando sfrigola buttate i topinambur e rosolateli un paio di minuti. Unite il riso, tostatelo velocemente e sfumate col vino, poi fate evaporare. A questo punto iniziate col brodo, poco alla volta, fino alla cottura del riso (30 minuti circa).
Nel frattempo scongelate il vostro piccolo malloppo di fagioli in un pentolino con un bicchiere di acqua o brodo (dipende se li avevate salati o no), fateli bollire con la salvia tagliata fine, e così il pomodoro secco. Quando è tutto ben cotto e un po’ rappreso (ma ancora acquoso) frullate aggiungendo un cucchiaio di olio.
Il riso è quasi pronto, vi rimangono le ultime due cose. Tostate in un padellino senza condimento il pepe in grani: ne esalta l’aroma. Deve diventare caldo ma non bruciato, poi macinatelo (secondo i vostri gusti). Infine, polverizzate nel robot i semi di zucca.
Quando il riso è cotto ma deve assorbire l’ultima parvenza di brodo, spegnete. A fuoco spento unite l’ultimo cucchiaio di olio, il pepe, il prezzemolo tritato e la polvere di semi di zucca. Mescolate e fate riposare qualche minuto prima di impiattare: prima la crema calda (rimettetela sul fuoco un minuto, se necessario) e poi al centro il riso.
Molto soddisfacente!

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pranzi sani e nuovi incontri

buongiorno da un lunedì mattina che più uggioso non si può. Sto aspettando la luce per fare una fotografia ma credo che per oggi non se ne parli. Preparatevi a uno scatto buio!

Cos’è successo nel weekend appena trascorso? Cose belle. Trovate i miei ricettari (tutti, anche i nuovissimi microlibelli con i colori vegetali) allo spazio b**k a Milano che è un posto fi-ghis-si-mo e io sono sulle nuvole per essere in cotanta buona compagnia!

Sabato poi ho preparato il buffet a Macao: il piatto prevedeva burger di zucca, timo e arancia + polenta taragna con semi di sesamo, lino e girasole + crema di spinaci e porri al coriandolo + hummus traditional. Pare che sia stato tutto apprezzato nonostante le cose non fossero calde (gioie e dolori degli aperitivi itineranti) quindi: grazie a chi è venuto (eravate tanti!) e se avete scattato della foto mandatemele a beth.tea[at]gmail[dot]com (io come al solito mi sono dimenticata!) GRAZIE!

Infine domenica ci siamo coccolate con un pranzetto in compagnia di due persone splendide che fanno cose meravigliose: consiglio la visione delle maraconde di Stefania e degli scatti di Alberto. Cosa dire se non WOW?

Veniamo al dunque: come avrete intuito ci siamo ammazzate di cibo e potrebbe essere il caso di riscoprire una ricetta leggera. Una piadina. Ovviamente al concetto piadina tutti associano immediatamente tonnellate di salumi e formaggi ben pressati all’interno. No, ecco, la mia idea era qualcosa di sano e studiato. Ad esempio: se metto una crema fatta con tofu, carote e tahina (pasta di sesamo) ho proteine, calcio, magnesio e beta-carotene, poi aggiungo cavolo rapa crudo e insalata (altra botta vitaminica e mineralizzante) e un giro di olio di semi di lino (quello da frigo eh) per bilanciare l’apporto di omega-3. Tempo stimato: 15 minuti circa. Risultato: mega. Alla crema ho aggiunto anche curcuma e pepe nero per non farmi mancare nulla!

Sotto ci sarà la ricetta ma prima, un annuncio importante: domenica, il 16 novembre sarò a Bologna e terrò un corso di cucina vegan presso lo spazio Il Germoglio in via Duse 17 (San Donato). Sono rimasti solo 3 posti quindi se volete venire a cucinare (e mangiare, dopo il corso ci sarà la cena!) con me vi conviene scrivermi qui sotto! Ecco quello che prepareremo, dall’antipasto al dolce, imparando nuove tecniche per riproporre la solita cotoletta piatti consolidati:

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e ora veniamo alla ricetta!

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COSA SERVE (per 2):

  • 2 piadine senza strutto e latte
  • 200 g di tofu
  • 2 carote
  • un cucchiaio di tahina
  • mezzo cucchiaino di curcuma
  • una macinata di pepe nero
  • un pizzico di sale
  • un cavolo rapa (kohlrabi)
  • mezzo cespo di insalata romana
  • 2 cucchiai di olio di semi di lino

COME SI FA:

in un pentolino di acqua bollire il tofu e le carote a pezzi per 10 minuti. Frullarli con tahina, sale, curcuma e pepe. Affettare il kohlrabi. Lavare e asciugare l’insalata.

Scaldare la piadina, girarla, e farcirla con metà della crema, qualche fetta di cavolo, l’insalata e un cucchiaio di olio di semi di lino. Chiudere e ripetere per l’altra piadina. Servire. Pensare ai benefici.

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ciambellone speziato con cachi e noci

chi mi segue su facebook è già a conoscenza del mio amore per il libro di Bryant Terry, Afro-vegan. Per festeggiare il compleanno, a luglio, preparai una cena spaziale con diverse portate, inclusa una torta cioccolato e zenzero che ancora me la sogno.

Qualche mese dopo, è l’ora di mettere in forno la meravigliosa torta di cachi che mi ha fatto salivare per tutte queste settimane senza poterla provare. Ah, i cachi: una degli alimenti più capaci di polarizzare i gusti che io conosca (dopo la Marmite, che su questo ha fondato la sua campagna pubblicitaria!). O li si ama alla follia (eccomi, sono quella che se ne mangia almeno due prima di fare colazione), o li si odia, forse per quella loro particolare consistenza. Non possono esserci altre ragioni: sanno di paradiso!

Beh, anche voi che il caco crudo (così elegante da mangiare, poi) proprio no, ecco, ricredetevi e fate la torta. Primo, il caco non si sente. Secondo, è una delle cose più buone che io abbia mai mangiato. Terzo, se non lo fate ora vi ritroverete a piangere per i prossimi mesi, in ginocchio sui ceci a chiedervi “perché non l’ho provata?”.

Io l’ho preparata giovedì, l’ho glassata, ne ho mangiata qualche fetta tra merenda e colazione e me la sono portata a Brescia, dove, fetta dopo fetta, l’ho distribuita a tutti quelli che andavo a trovare, dai nonni agli amici. Dono graditissimo! Sa quasi di pan dei morti: con cannella, noce moscata e chiodi di garofano.

Parentesi glassa: il mio nuovo autore preferito abbonda di zucchero. Di zucchero a velo non ne avevo, quindi ho frullato dello zucchero di canna chiaro, ma è rimasto granuloso. Io ho mantenuto le dosi originali per vedere dove andava a parare: buona, molto, ma la prossima volta tolgo 1/2 tazza di zucchero dalla torta e 1 tazza di zucchero dalla glassa. Voi andate a sentimento.

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COSA SERVE:

per la torta:

  • 1 tazza di olio di cocco, + altro per ungere lo stampo (se si è solidificato, mettetelo a bagnomaria per farlo tornare liquido) oppure olio di semi di girasole
  • 3 tazze di farina integrale (mi sovviene or ora che forse ne ho messe solo 2… ups! ma era mega soffice forse proprio per questo!)
  • 2 cucchiaini di cremor tartaro
  • 2 cucchiaini di bicarbonato di sodio
  • 1 cucchiaino di sale fino
  • 2 cucchiaini di cannella in polvere
  • 1/2 cucchiaino di noce moscata in polvere
  • 1/2 cucchiaino di chiodi di garofano in polvere
  • 2 cucchiai di semi di lino polverizzati
  • 6 cucchiai di acqua
  • 2 tazze di zucchero mascobado o panela (troppe, a mio avviso!)
  • 2 tazze di purea di cachi (da 3 a 5 cachi – quelli molli, non quelli mela)
  • 2 cucchiai di aceto di mele
  • 2 tazze di noci tostate e pelate*

per la glassa (facoltativa):

  • 2 tazze di zucchero a velo
  • 2 cucchiai di spremuta di limone
  • 2 cucchiai di spremuta di arancia
  • 1 cucchiaino di scorza di limone grattugiata finemente

COME SI FA:

*preparare per prima cosa le noci: mettetele in forno a 180° su una teglia rivestita di carta da forno per 8 minuti, girandole a metà del tempo. Trasferitele in uno scolapasta e schiacciatele con la mano su e giù (senza scottarvi) in modo da far cadere tutte le pellicine dai fori dello scolapasta. Tritate grossolanamente e mettete da parte.

Per la torta: in una terrina capiente mescolate accuratamente la farina, le spezie, il lievito, il sale e il bicarbonato.

In un frullatore riunite i semi di lino e l’acqua e frullate per 30 secondi; aggiungete lo zucchero e l’olio e proseguite per 3 minuti a velocità media; infine unite i cachi e l’aceto e frullate per altri 3 minuti. Nel frattempo ungete uno stampo da ciambella (lui usa uno stampo tipo questo: io ovviamente non ce l’ho, anzi, se volete regalarmelo accetto di cuore ;D) con poco olio di cocco.

Versate immediatamente nella terrina e mescolate con cura. Aggiungete le noci e travasate nello stampo. Cuocete a 180° per 45 minuti, facendo poi la prova con lo stuzzicadenti (se esce asciutto è pronta). Fate riposare per 15 minuti prima di toglierla dallo stampo.

Per la glassa: mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola. Versate a cucchiaiate sulla torta fredda, e aspettate 15 minuti che si solidifichi.

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carrubini pipettini

traduciamo: piccoli tartufini raw (crudisti) preparati per la superlativa La pipette noir che è l’associazione culturale fondatrice della fanzinoteca (immaginate una biblioteca di fanzine autoprodotte, in uno spazietto piccolo ma delizioso, a Lambrate. ecco. andate e innamoratevi). Se dovessi scegliere una sola donna a modello di vita direi senza dubbio Valeria – creativa, intelligente, bellissima, instancabile, entusiasta, acuta, dolce, altruista come pochi. Sono così contenta di averla conosciuta! Vai pipettina alla carruba, siamo tutte qui per te!

Questa ricetta è amore allo stato puro: banane-cocco-carruba è la nuova trinità dopo porri-olive-semi di coriandolo e il guscio esterno è formato da un rivestimento di “cioccolato” fatto di olio di cocco e carruba in polvere che rasenta la perfezione della chimica! L’idea non è mia ma è stata presa e poi modificata da un blog inglese che non riesco a ritrovare. Se lo conoscete, scrivetemelo che metto il link!

Stavolta non vi scrivo la ricetta, ma ve la fotografo, visto che è presente sul mini ricettario-diario di viaggio che ho preparato per Liber a Macao. Su questa micro fanzine intitolata “Impressioni di settembre” sono presenti tutte le ricette (di stagione e quasi tutte senza glutine!) che ho cucinato il 27 e 28 settembre più annessi e connessi di liberi pensieri: la copertina è un pentolino stampato a mano. Me ne è rimasta qualche copia: se la volete scrivetemi e con un contributo minimo (5 soldi) vi arriva direttamente nella casella della posta.

Seguono foto: in ordine, i tartufini con pinta di frullato di cachi per colazione, la ricetta degli stessi, il menu di Liber (tutto contenuto nel libello, che riporta anche le ricette di: torte salate, torta di mele di nonna papera, crostata all’olio, torta di carote, budino al cioccolato e tartufini) e la mia stanchezza.

Buone giornate di vento, godiamoci il primo profumo di inverno 🙂

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menu liber

(nota: a volte uso una tazza di cocco in polvere, a volte due: dipende dalle banane. In caso evitate di aggiungere acqua! Conservateli in frigorifero)

liber
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pretesto per un pesto

come promesso, sono già tornata per raccontarvi quello che giace sul mio desktop. Possiamo dividere la ricetta in due: il pretesto e il pesto. Il pretesto è un qualcosa che può esserci – ma anche no -, un qualcosa su cui spalmare il pesto; che è la parte fenomenale di questa ricetta. Va detto comunque che il pretesto non è una crosta di pizza secca e bruciacchiata, né la suola della ciabatta che ha raccolto tutte le briciole della cucina quando tagli il pane. No, il pretesto è il miglio cotto con la zucca, i porri e i piselli, una cosa che potrebbe benissimo camminare e girare il mondo sulle sue gambine forti, che non ha bisogno del supporto un po’ radical chic del pesto in questione. Capita però che una inizi a cucinare con in mente un ingrediente solo, inciso nella fronte con quel suo guscetto bivalve. No, non sono lo cozze, sì, sono i pistacchi. Dai e ridai, la pistacchia in questione si rende conto che guarda caso sono tutti ingredienti e colori che stanno benissimo con l’amico pistacchio, eh, ma guarda te, verrebbe quasi da fare un pesto per accompagnare il miglio eh, no no ma non l’ha assolutamente programmato, è solo che le sembra un peccato non provarci.

Abbandonando ogni forma di pudore, si mette a sgusciare compulsivamente pistacchi per frullarli con olio evo bio toscano portato dal figliol prodigo che ha curato gli ulivi tutta estate (grazie bimbo del cuore), succo d’arancia e miso bianco. Boom.

Da ora in avanti non servirà più alcun pretesto per questo pesto. Parola di pistacchia.

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COSA SERVE:

per il pretesto (per 2/3):

  • 1 tazza di miglio
  • 1 tazza e mezza di zucca pulita e tagliata a cubetti di 1 cm per 1 cm (circa 1/2 piccola zucca)
  • 1 tazza di piselli
  • 1 porro
  • 5 foglie di alloro
  • 4 tazze di acqua
  • un pezzo di zenzero fresco grande come una noce
  • olio extravergine di oliva
  • tamari senza glutine

per il pesto:

  • 50 g di pistacchi
  • 50 g di olio extravergine d’oliva buono
  • 50 g di spremuta d’arancia (fresca eh, mica quella in cartone)
  • uno spicchio d’aglio
  • un cucchiaino colmo di pasta di miso bianco (controllare la presenza di glutine)

COME SI FA:

Tagliate il porro a rondelle fini (o, meglio ancora, a striscioline seguendo le nervature) e tritate lo zenzero. Scaldate un giro d’olio in un tegame capiente, aggiungete il porro e lo zenzero e proseguite a fuoco alto, per dorare il porro. Unite la zucca e l’alloro, rosolate un paio di minuti, e infine il miglio, e tostatelo brevemente. Versate le 4 tazze scarse di acqua, unite un goccio di tamari e coprite con un coperchio di misura. Fate cuocere dieci minuti a fuoco basso, poi aggiungete la tazza di piselli (surgelati) e coprite nuovamente. Dopo altri 15 minuti spegnete il fuoco, e fate riposare, coperto, altri 5. Quindi, ricapitolando: 10+15+5 è passata mezz’ora.

In questi trenta minuti voi avrete preparato il pesto: sgusciate i pistacchi fino a raggiungere 50 g di peso (gli altri potete mangiarli tutti e giustificarli come parte della ricetta), frullateli da soli per polverizzarli. Aggiungete poi l’aglio tritato o schiacciato con lo spremiaglio, l’olio, il succo d’arancia e il miso e frullate bene fino a ottenere una pasta liscia. Fate estrema attenzione alla lingua sulle lame del robot: non è affar mio se ve la tagliate (anche se so che lo farete).

Quindi, abbiam finito? sì, il miglio è cotto, assaggiate se va bene di sale ed eventualmente aggiungete un altro goccio di tamari o di salsa di soia, servitelo con una cucchiaiata di pesto e, se non li avete mangiati tutti, qualche pistacchio tritato.

Il fatto che il miglio passerà completamente inosservato rispetto al pesto è parte dei piani, non vi demoralizzate.